Non è solo prostituzione o segregazione fisica. La tratta degli essere umani è questo e allo stesso tempo, purtroppo, qualcosa di molto più vasto e pervasivo. Secondo studi delle Nazioni Unite il "trafficking in persons" è il terzo più grande mercato illecito su scala mondiale, dopo quello delle armi e degli stupefacenti.
Un traffico in continua crescita che si alimenta dei fenomeni migratori connessi alla globalizzazione, gestito da potenti organizzazioni criminali e in alcune aree mondiali persino fiancheggiata dai governi locali. A spiegarlo è stato David Mancini, Sostituto Procuratore della Repubblica a L’Aquila, per molti anni in prima linea anche a Teramo nel contrasto alla tratta delle persone, intervenuto nel convegno “La tratta delle bianche: Immigrazione e schiavitù”, promosso dall’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo, presieduto da Stefano Pallotta, e ospitato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo teramano.
“La tratta rappresenta un crimine contro l’umanità e non riguarda esclusivamente lo sfruttamento sessuale delle donne, ma afferisce alla persona nella sua dimensione generale” ha subito specificato Mancini. Per poter definire correttamente il fenomeno bisogna infatti parlare di sfruttamento – mediante raggiri e truffe o violenze fisiche e psicologiche – della condizione di vulnerabilità di soggetti estremamente deboli e impossibilitati a ottenere condizioni alternative accettabili. In questa definizione rientrano, quindi, anche lo sfruttamento lavorativo, l’accattonaggio o il traffico di organi. Non si deve più necessariamente pensare alla schiavitù facendo riferimento all’immaginario delle catene, della segregazione e della privazione della libertà di movimento.
Non a caso, sottolinea Mancini, è in particolare lo sfruttamento lavorativo a porre le principali sfide future. Basti pensare a coloro che, non possedendo i documenti oppure a seguito della contrazione di un debito, sono costantemente ricattabili e vedono spesso minacciata l’incolumità propria e quella dei familiari in patria. Considerando inoltre la propensione del sistema economico italiano per il lavoro nero, si comprende come questo ambito possa diventare quello d’elezione per lo sfruttamento della dignità umana: drammatico eppure invisibile, anche quando avviene sotto i nostri occhi. “In Marsica – ricorda Mancini – abbiamo visto migranti dormire nei canali di scolo dei campi. Quelle persone sono ovviamente tutte assunte irregolarmente, da aziende che con questo comportamento, oltretutto, fanno concorrenza sleale e portano alla rovina chi rispetta le regole. E la normativa introdotta per combattere il caporalato – aggiunge il magistrato – ha dimenticato di coinvolgere direttamente i datori di lavoro". Ecco perché in questo settore si presenteranno sempre maggiori criticità.
Dopo aver definito correttamente il fenomeno, David Mancini ha elencato gli errori più comunemente commessi nel raccontare la tratta degli esseri umani. Mentre, ad esempio, sono ormai chiari i meccanismi dello sfruttamento sessuale delle donne, anche perché la costa adriatica è stata una delle prime zone d’Italia ad essere interessata da questo tipo di crimine, al contrario spesso sfugge la distinzione esistente tra favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e sfruttamento delle persone. Il primo è un reato contro lo Stato, il secondo invece rappresenta una violazione dei diritti umani. Nel primo caso le organizzazioni criminali agiscono, si potrebbe dire, come “tour operator”, e lo scafista è solo l'ultimo anello della catena. Nel secondo caso gestiscono invece la rete dello sfruttamento all’interno della nazione di arrivo. Ciò non esclude, tuttavia, che alcune mafie internazionali non riescano a gestire l’intera filiera.
Ma gli errori nel racconto di questo dramma non terminano qui. Spesso riguardano l’uso di parole che, apparentemente scontate e innocue, denotano invece una profonda insensibilità e pregiudizi morali nei confronti delle vittime della tratta. L’abusato termine “clandestino”, ad esempio, è squalificante e inappropriato per definire la condizione di coloro che tentano di fare ingresso in una nazione senza titolo di viaggio. Perché, poi, parlare sempre e genericamente di terroristi “islamici”, quando questi ultimi spesso rispondo a minoritarie interpretazioni radicali dell’Islam? Allo stesso modo la locuzione “sfruttamento delle prostitute” bolla le vittime della tratta come “prostitute” prima ancora che come “donne”. Bisognerebbe quindi parlare semplicemente di sfruttamento delle donne o di vittime della prostituzione. In definitiva, si ha sempre a che vedere innanzitutto con esseri umani: uomini, donne e bambini.
E le parole sono sempre più importanti di quello che si pensa. “L’azione giudiziaria mette dei tappi al problema, ma non cambia il mondo" ha commentato il pm. Per questo serve un approccio multidisciplinare in cui il ruolo giocato dalla corretta informazione ed efficaci campagne di sensibilizzazione nelle scuole e su internet è fondamentale ai fini della prevenzione del problema".
Intanto in Italia è stato emanato un Piano Nazionale Anti-tratta per il periodo 2016-2018. Uno strumento che potrebbe sì essere efficace, ma per il quale, ha ricordato amaramente Mancini, non sono state stanziate risorse ben definite.