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Incontro migranti-studenti

Il racconto della professoressa

"Prof ha visto ieri sera il TG? Altri sbarchi, altri profughi. Ma che vengono a fare?"

Allora provi a spiegare. A parlare di violenza, di povertà, di guerra dei motivi che spingono queste persone disperate ad abbandonare gli affetti, le radici della loro vita, ma sembra quasi che i ragazzi ai quali ti rivolgi non abbiano la volontà di comprendere. La guerra l'hanno vista nei film e forse studiata sui libri di storia. Non la conoscono. Loro figli di una società che offre poco ai giovani. Non dà spazio ai loro sogni. Bravi ragazzi che colmano il loro vuoto interiore con relazioni virtuali, hanno tante domande da fare ma non hanno la volontà né di farle e né di ascoltare le risposte e davanti alla realtà dell'immigrazione pensano che se non c'è spazio per loro come lo si può trovare per "Quelli"?

 Si rende necessario un incontro, tra ragazzi ci si capisce. Se si conosce si comprende… ed allora grazie alla collaborazione di Anna, Carlo, Roberto, Caritas diocesana e Solidarietà Aprutina, e la disponibilita del DS ing. Prof. Luigi Valentini, si riesce ad organizzare un incontro per il 12 ottobre e cosi Ousmane, Hakim, Anthony e Nadia incontrano i ragazzi delle classi quinte dell'IIS Crocetti Cerulli. Più di 150 alunni nell'aula magna dell'Iti. Racconti di storie personali, emozioni e commozione. Dall’Afganistan alla Nigeria. Dal Burundi al Senegal. L'empatia è evidente, alla fine le domande che dovevano chiarire i perché degli studenti, davanti a tanto vissuto, diventano un silenzio solidale di accoglienza. Se si conosce si capisce.

Questa esperienza ha toccato i cuori ed è servita ad aprire uno spiraglio nel buio dell'indifferenza, ed il tempo, quello che vorremmo dedicare a questa nobile causa di fratellanza, sarà tempo prezioso perché, speriamo, porterà frutti di Solidarietà, Sussidiarietà e Bene comune. Se si conosce si capisce.

Gabriella Galanti

 

Il racconto dell'operatore sociale

"Universi paralleli"

Mi sono svegliato presto la mattina del 12 ottobre scorso. Non ero teso né agitato ma certamente un po' di preoccupazione per l’incontro tra i richiedenti asilo e gli studenti dell’Istituto Alberghiero di Giulianova ce l’avevo. Temevo che per quei ragazzi l’occasione sarebbe stata propizia più per vivere una mattinata di evasione dalla routine quotidiana che per altro.

Per i richiedenti asilo, invece, cosa poteva rappresentare? C’era il rischio che potessero crearsi delle illusioni su quello che da questo incontro poteva nascere senza considerare troppo il fatto che si trattava solo di un’occasione, importante ma pur sempre un’occasione, per stimolare alla riflessione quei giovani studenti sul tema dell’inclusione e dell’immigrazione.

Poi, finalmente, il momento è arrivato. Quasi duecento studenti affollavano l’aula magna del loro istituto scolastico; di fronte a loro tre immigrati ospiti dei centri di accoglienza gestiti dalla Caritas diocesana di Teramo-Atri ed una studentessa originaria del Burundi con il preside dell’istituto nelle vesti di mediatore.

Nessun brusio di sottofondo, molto interesse ed anche una timida partecipazione hanno caratterizzato l’incontro fugando, così, ogni mio timore. Durante quell’ora e mezza in cui Hakim, Anthony, Ousmane e Nadia hanno raccontato le loro esperienze rispondendo alle domande che giungevano dalla platea ho avuto la sensazione che si fossero superati i confini di quegli universi paralleli in cui ognuno di noi è recluso.

Tornando a casa una sensazione di profondo benessere si era impadronita di me, ero contento di come quell’incontro aveva dato a tutti l’occasione di conoscere le ragioni dei migranti e, mentre mi chiedevo cosa sarebbe rimasto nell’anima e nelle menti dei giovani partecipanti all’incontro, sono rimasto improvvisamente folgorato da un pensiero: tutti viviamo in un universo personale i cui confini sono costituiti dalle nostre convinzioni, le nostre conoscenze, le nostre paure e i nostri pregiudizi. Anch’io avevo superato i miei confini che mi facevano guardare con diffidenza quei teenagers considerandoli poco più che patologici utilizzatori di social media. Avevo ricevuto una lezione importante. Sarei stato capace di farne tesoro?

Roberto Galassi

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