La grande famiglia della Caritas Diocesana di Teramo-Atri piange la scomparsa del caro Luciano.
Luciano aveva certamente dei poteri fuori dal comune. Poteva farsi festeggiare, per il suo compleanno, tre volte l’anno. Celebrava due volte il suo onomastico, uno per il nome di battesimo e uno per il suo cognome, Di Stefano, ogni ventisei dicembre. Riusciva a farsi assecondare da tutti i commensali quando anticipava di un’ora l’apertura dello spumante a capodanno, per improcrastinabili impegni, alla mezzanotte, a Pescara. Ordinava con nonchalance, nei più signorili caffè del centro di Teramo, “un espresso con il limone” senza che dal viso del barista trasparisse il benché minimo segno di disorientamento.
D’altronde lui, membro di una famiglia che contava illustri parlamentari della Repubblica Italiana, il mondo lo padroneggiava come le sue tasche. Grazie alla sua laurea in Biologia marina, aveva solcato mari e oceani. Apprendendo decine di lingue, dal tedesco all’arabo. Ci era riuscito nonostante il fisico fosse minato dai trapianti di un rene e di un polmone e avesse subìto un’operazione a cuore aperto (tutti interventi di cui incredibilmente non restavano cicatrici). Certo, aveva dovuto trascurare una moglie che invano l’attendeva a Lecce, ma su questa vicenda era sempre stato alquanto reticente.
Questa e mille altre vite aveva vissuto Luciano nella sua vita, trascorsa quasi tutta, in realtà, dietro le porte di un carcere. Vi era entrato giovane e ne era uscito ultracinquantenne. Perché, disse, “era successo quello che non doveva succedere”.
Scontata la sua pena, solo al mondo, Luciano stazionava ai gradini più bassi della condizione umana, quando la Caritas diocesana di Teramo-Atri gli tese una mano. Lui la scelse come famiglia e seppe ricambiarla divenendone fedelissimo inserviente, insostituibile factotum ma, soprattutto, cantastorie senza pari. Per anni infaticabile dispensatore, nella sua presenza quotidiana tra gli uffici di Via Vittorio Veneto e la vicina piazza dei Martiri, di una portentosa capacità d’improvvisazione affabulatoria.
Ha affrontato il repentino calo delle sue condizioni di salute a muso duro, come sempre. “Dottò è giunta la mia cinquantunesima ora” è stata la frase da duellante che accetta l’imminente sconfitta, rivolta nella stanza d’ospedale al medico. Tutti erano sicuri che, come nei film western, stesse bluffando, e che dopo la cinquantunesima ora ci sarebbe stata la cinquantaduesima e anche la cinquantatreesima. Invece stavolta, a sessantacinque anni, Luciano è davvero volato via. Lasciando tutti, con il naso all’insù e la bocca aperta, ad aspettare un’altra sua storia, e poi un’altra ancora.
Luciano, al centro della foto, insieme ai ragazzi del doposcuola e agli operatori della Caritas diocesana
La rilessione di Don Igor Di Diomede, Direttore della Caritas Diocesana di Teramo-Atri:
In questi giorni abbiamo condiviso un’esperienza triste ma altrettanto bella! Luciano ci mancherà tanto con la sua presenza nel quotidiano, dove alla sua solita irruenza ha saputo donare affetto e attenzione all’altro! Luciano ci ha mostrato il volto complesso (ma ricco nella sua complessità) dell’umanità, quello che incontriamo in Caritas ma che riconosciamo in ciascuno di noi! Luciano ci ha permesso di cogliere la nostra vera identità, il nostro essere prossimo, ma ancor di più il nostro essere Chiesa con lui e per lui! Sì, nel giorno dei suoi funerali, ho respirato proprio un’aria di famiglia, un’aria di Chiesa e penso sia il testamento che ci lascia, non scritto né dettato a voce ma realizzato con la sua vita, con il suo esserci in mezzo a noi!
La storia di Luciano è stata raccontata da Tv 2000 nella puntata di "Viaggio nella terra di nessuno" dell'undici novembre 2012.
Il suo racconto a partire dal minuto 3.28 del video al seguente link: