Secondo incontro formativo organizzato dalla Caritas Diocesana di Teramo, nella sede di Via Veneto, sulla normativa in tema di immigrazione e protezione internazionale. Dopo il primo appuntamento datato 25 marzo 2015, lo scorso 4 dicembre si è continuato ad approfondire la materia. Sottolineando, in particolar modo, le novità contenute nel recente decreto legislativo n. 142 del 18 agosto 2015.
Il quadro generale è stato delineato dal Dott. Alberto Di Gaetano, dirigente della Prefettura di Teramo per quanto riguarda l'area dei Diritti Civili, Cittadinanza, Condizione giuridica dello straniero, immigrazione e diritto d'asilo; dal Commissario Capo Dott. Dino Petitti, Dirigente Ufficio Immigrazione della Questura di Teramo e membro della Commissione territoriale di Ancora; e dal Dott. Tommaso Ceci, Direttore D.S.B. di Teramo. L'incontro è stato moderato dal Direttore della Caritas Diocesana, don Igor Di Diomede, e ha visto la partecipazione di Sua Eccellenza Mons. Michele Seccia.
Il decreto 142 – ha spiegato il Dott. Di Gaetano – al contempo innova e sintetizza quanto contenuto nella normativa precedente. La principale novità riguarda l'istituzione di sei “hotspot” nelle regioni meridionali maggiormente interessate dagli sbarchi di migranti richiedenti asilo. Al momento ne sono previsti sei: Lampedusa, Porto Empedocle, Trapani, Pozzallo, Augusta e Taranto. Qui saranno dirottati tutti gli arrivi e – dopo i primissimi soccorsi, naturalmente – avverrà una importante scrematura in virtù di un'altra rilevante novità contenuta nel sistema che va oggi a ridisegnare il governo in accordo con l'Unione Europea. Vale a dire la selezione di una quota di richiedenti asilo che avranno la possibilità di essere ricollocati, attraverso un percorso differenziato, in altri paesi dell'Unione. A tale quota potranno appartenere esclusivamente persone aventi nazionalità per le quali il 75% dei richiedenti asilo (sulla base dei dati dell'ultimo quadrimestre) ottiene protezione. Attualmente possiedono questo requisito i cittadini siriani, eritrei, iracheni. Si tratta di una misura di cui beneficiano, al momento, solo Italia, Grecia e Ungheria, in qualità Paesi di frontiera dell'Unione e maggiormente interessati come Paesi di transito, perciò, dai flussi migratori che vanno dall'Africa e dal Medioriente verso l'Europa continentale. In questa prima fase del nuovo sistema, è prevista la ricollocazione in altri Paesi UE di circa quarantamila richiedenti asilo.
Gli altri confluiranno nei nuovi “hub regionali”: punti di raccolta dove i richiedenti asilo restano per circa tre o quattro settimane. Negli hub regionali andrà formalizzata la richiesta di asilo (oggi la richiesta viene formalizzata nelle Questure delle Province in cui sono situati i centri di accoglienza straordinari seguiti dalle Prefetture) e verranno tutti obbligatoriamente fotosegnalati e identificati. Quest'ultimo aspetto rappresenta un'altra significativa novità rispetto al sistema e alla prassi consolidata in passato, laddove – è stato ricordato – il richiedente asilo riusciva facilmente a sottrarsi alla fotosegnalazione e alla raccolta dell'impronta digitale. Ciò allo scopo di raggiungere, in tempi più rapidi, le nazioni dove spesso già risiedono le proprie comunità di origine (nella maggior parte dei casi si tratta dei paesi scandinavi e mitteleuropei). Farsi identificare e formalizzare la domanda in Italia, infatti, significa legarsi, per l'intero iter giuridico della richiesta di protezione internazionale, al paesi di arrivo, come previsto dal regolamento di Dublino. Dunque la mancata identificazione non è più tollerata e l'Unione Europa ha già minacciato di aprire una procedura d'infrazione verso l'Italia a causa dell'incongruenza tra i dati degli sbarchi sul territorio italiano e i dati contenuti nel sistema Eurodac, il database che raccoglie le impronte digitali.
Per quanto riguarda l'Abruzzo, tuttavia, al momento non è previsto un hub regionale, poiché manca, attualmente, una struttura idonea a contenere dai trecento ai cinquecento posti richiesti. Complessivamente il sistema degli hub regionali prevede una capacità di quindicimila posti per il 2016 e riguarda le regioni Emilia-Romagna, Calabria, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Sardegna, Basilicata, Valle d'Aosta, Lombardia, Campania, Veneto e Toscana.
Dopo il passaggio attraverso l'hub regionale, i richiedenti transitano nel sistema Sprar, sistema gestito dal Ministero degli Interni e dagli enti locali. Nella provincia di Teramo consta di cento posti a Teramo e cinquanta a Roseto. Si passa così dalla prima alla cosiddetta seconda accoglienza, quella che li accompagna alla Commissione giudicante sulle singole posizioni.
Ma la cronica saturazione degli Sprar, come noto, ha portato all'apertura dei Centri di accoglienza straordinaria da parte delle Prefetture, come quelli gestiti dalla Caritas Diocesana di Teramo. Sinora, sommando i posti assegnati alla Caritas e quelli previsti da altri bandi di gara, è stata raggiunta la capacità di cinquecento posti nei Centri di accoglienza straordinaria. Si sarebbe dovuto trattare di strutture finalizzate a una breve permanenza, ma di fatto costituiscono una sistemazione permanente, dove vengono svolte quelle attività di competenza, nelle intenzioni originali, degli Sprar: provvedere all'assistenza legale, reperire la documentazione per prepararsi alla verifica della Commissione. Ma anche attività di formazione personale, di inserimento sociale e piccole attività lavorative di pubblica utilità.
I dati. Le persone accolte in Italia fino a settembre 2015 sono 98.314. L'anno scorso sono sbarcate 170mila persone. Il sistema Sprar (nato nel 2013) arriverà l'anno prossimo ad accogliere trentamila persone. I Cara, le prime strutture governative a essere operative, sono aumentate limitatamente, dai cinquemila posti del 2012 agli ottomila del 2015. Di una vera e propria impennata sono invece state protagoniste le strutture straordinarie, passate dai duemilaseicento posti del 2012 ai 68mila del 2015. In Italia, da gennaio a settembre 2015, solo il 6% dei richiedenti ha ottenuto lo status di rifugiato. Il 16% ha ottenuto quello di protezione sussidiaria e il 24% la protezione umanitaria (status non previsto dall'Unione Europea e perciò non molto ben visto da Bruxelles). Ben il 50% delle domande sono state rigettate.
Sicurezza. Se prima le operazioni di salvataggio arrivavano a ridosso della Libia, comportando un continuo flusso di barconi anche nei mesi invernali, ora le navi di salvataggio devono porsi su un parallelo predefinito, più lontano, al di là delle acque territoriali. Scoraggiando così gli scafisti che precedentemente contavano sui salvataggi pur essendo consapevoli di viaggiare su imbarcazioni totalmente inidonee e prive dell'autonomia necessaria per compiere l'intero viaggio. Inoltre gli scafisti spesso viaggiano armati e si fanno scudo della normativa internazionale che vieta di aprire il fuoco su navi che trasportano richiedenti asilo. Ciò ha reso sempre problematico il sequestro dei barconi. Oggi, però, l'Europa sta valutando misure drastiche. Arrivando anche a contemplare, previo salvataggio dei migranti, l'affondamento delle imbarcazioni.
Cosa cambia nella domanda d'asilo. Con il decreto 142 il modulo C3 per la richiesta di protezione internazionale avrà valenza di permesso di soggiorno provvisorio. Fino allo scorso 30 settembre, il permesso di soggiorno era trimestrale e solo al secondo rinnovo si poteva lavorare.
Ora, dopo il primo rilascio, trascorsi sessanta giorni si rinnova automaticamente e dà la possibilità di lavorare.
Riguardo alla tutela dei minorenni e alla false dichiarazioni di età minore – spesso causa di gravi rallentamenti nelle procedure – il decreto 142 prevede la possibilità di effettuare nuovi esami atti ad accertare la reale età della persona e definisce più chiaramente i soggetti che devono occuparsi del minore.
In merito alle lungaggini dovute alla reiterazione delle domande e alla difficoltà di procedere all'espulsione dopo il diniego della commissione, il decreto 142 prevede due misure di contrasto. Trattenimento al CIE in caso di domanda reiterata (quando i richiedenti asilo oggetto di diniego approfittano di un periodo intermedio di clandestinità per ripresentare domanda), e la possibilità di espellere immediatamente in caso di non sussistenza dei requisiti o manifesta infondatezza del ricorso.
Aspetti sanitari. Durante il 2014 sono state visitate circa 800 persone, suddivise sostanzialmente a metà tra la costa e l'entroterra teramano. Numeri simili si sono registrati nel 2015. Pochi i problemi sanitari riscontrati nell'arco di questi due anni sul totale di circa 1600 persone: finora si è contato un solo caso, a Castelli, di tubercolosi più un altro caso sospetto, sempre di tubercolosi, non rivelatosi poi tale. La patologia infettiva statisticamente più rilevante è la scabbia. Si riscontra soprattutto tra i provenienti dall'area siriana. Per sicurezza ed evitare possibili contagi, si è adottata dunque una profilassi specifica per questa patologia, nonostante tra gli africani, per esempio, non si riscontrino mai casi simili. Altre problematiche sanitarie vere e proprie non ve ne sono state. Patologie molto temute ma trasmissibili solo a contatto diretto, come hiv ed epatite C, non costituiscono in realtà un vero pericolo per la collettività. Un occhio vigile e costante, invece, va tenuto sulle malattie trasmissibili per via indiretta, come la tubercolosi, potenzialmente più a rischio contagio nei centri.
Tuttavia, non si è resa necessaria finora una osservazione speciale, o indagini strumentali obbligatorie, oltre le ordinarie visite mediche effettuare entro sette o otto ore dall'arrivo. Nessun caso di contagio all'interno dei centri, o tra gli ospiti dei centri e gli abitanti dei paesi che li accolgono, è stato sinora verificato.
Si tratta, per quanto riguarda il profilo delle persone visitate, di giovani, nella maggior parte dei casi. Quindi si ha avuto a che fare con persone dalla buona resistenza fisica. Due i casi di donne in gravidanza, gestiti senza problemi.
Mai riscontrati casi di malnutrizione, ad eccezione di coloro che provengono da teatri di guerra. Si può perciò concludere che non vi è stata finora alcuna emergenza sanitaria e che nessun allarmismo può considerarsi giustificato.