Tanti i progetti previsti e in fase d'implementazione: da attività socioculturali per l'integrazione a lezioni di lingua inglese e greca, fino all'animazione per bambini.
In occasione del Seminario Internazionale "Grecia, paradosso europeo , tra crisi e profughi" tenutosi ad Atene dal 7 a 9 luglio 2016, alcuni operatori di Caritas Teramo-Atri hanno visitato il "Social Service Center" di Caritas Hellas, inaugurato poche settimane prima. Attraverso questo nuovo servizio, Caritas Hellas offre orientamento sociale, legale e risposta ai bisogni dei tanti profughi rimasti bloccati in Grecia a causa della chiusura delle frontiere, profughi che vivono nei campi d'accoglienza interna alla capitale greca.
Il racconto, di Danilo Sarra, della visita.
Bonjur tout le monde.
Je vous souhaite joie, lumière et prosperité. Sourire!
(Manoscritto appeso in bacheca)
8 luglio 2016
Sotto un sole cocente e passando tra gatti randagi smagriti, arriviamo al Social Service Center in Via Tarela. E' una strada piccola, che neppure il tassista conosce, ma che contiene una realtà appena nata e già in fermento. Si sente ancora la fragranza del legno appena lavorato e dell'entusiasmo di una grande avventura da poco cominciata e resa possibile anche dal sostegno della Caritas Italiana. Ad accoglierci e guidarci è Anastasia, una giovane e bionda ragazza greca. Anastasia, come gli altri ragazzi che lavorano con lei, ha le idee chiare e un entusiasmo inestinguibile: "Noi vogliamo che il nostro centro venga amato. Lo vediamo acquistare vita giorno dopo giorno e questo fa nascere in noi nuove idee e nuovi progetti da poter realizzare".
Appena entriamo dalla piccola porta e attraversando lo stretto corridoio, sulla sinistra, scorgiamo la sala d'attesa piena di persone, soprattutto donne con bambini, che aspettano di essere ascoltate e aiutate. Tra di loro c'è un volto che mai verrà dimenticato. E' quello di una giovane madre, che accenna un sorriso sotto al quale è nascosta però una specie di angoscia. Lei non dovrebbe essere qui, non c'entra nulla con il conto in banca e le mire espansionistiche dei ricchi della Terra che hanno infuocato il suo paese. Eppure, essendo qui, vuole che il suo dolore venga lenito, che la speranza ricominci a divampare e crede che questo potrebbe essere il posto giusto. Con lei, speriamo che un giorno possa tornare con i suoi figli nella sua terra e vivere in pace ed armonia. Con animo turbato ed atteggiamento riflessivo, saliamo al secondo piano. Guardandoci attorno, a catturarci è il bianco dei muri. Sembra di essere in un'altra dimensione, in una specie di rifugio, protetti almeno per qualche istante dalle storture di questo Mondo.
Roberta, che come noi ha scelto di visitare il Social Service Center, condivide la nostra ammirazione per quel bianco: "Ogni colore ha un significato e ogni cultura dà ad uno stesso colore un senso specifico. Il bianco invece è un colore neutro, perfetto per fare da sfondo ad un incontro tra le differenze". Non possiamo che acconsentire e andare avanti. Al secondo piano ci sono due stanze. Una è quella degli assistenti sociali e dei mediatori, che vi ricevono tutte le persone che chiedono di essere aiutate. Ad esse si offre l'arma più potente e preziosa che l'essere umano può utilizzare: l'ascolto. "Quando una persona arriva da noi, comincia un percorso: la aiutiamo a muovere i primi passi nella società ospitante, la ascoltiamo, cerchiamo di comprendere e di far emergere le sue esigenze personali. Offriamo anche assistenza legale, ove necessario. Tutto questo per dare loro un'opportunità", ci spiega Anastasia con il suo sorriso scintillante di gioia. Per realizzare pienamente la sua vocazione e i suoi obiettivi, il Social Service Center rifugge l'autoreferenzialità: imprescindibile è il legame con le altre ong e con gli altri servizi istituiti dalla Caritas, come il Christiana Hotel che ospita famiglie di migranti. Se durante il periodo estivo le altre organizzazioni sospendono le lezioni di lingua greca e inglese, i ragazzi del Social Center si mobilitano per sopperire alla mancanza. Quando gli unici incentivi all'azione sono gli interessi e le necessità di chi abita questo mondo, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione e dalle convenienze di bottega, si può esser certi che si sta facendo un ottimo lavoro. Non servono altri strumenti di valutazione. Di fronte alla stanza degli assistenti sociali, nella quale è in atto una riunione partecipatissima, c'è un'altra porta. Questa, però, non è tutta bianca. Qua e là ci sono dei disegni, rossi, gialli e verdi, alternati da alcune parole scritte in arabo. E' la stanza dei bambini. Ne sono tre, che seduti per terra giocano e disegnano, accompagnati da due accoglienti operatrici. Sul muro c'è un cartellone con sopra disegnato, animato da molteplici colori, il simbolo della pace: questa è l'esigenza che accomuna tutti coloro che frequentano il Social Service Center, costretti a fuggire dai propri paesi in fiamme. In sole due settimane, sono stati 140 i bambini che hanno pestato il suolo di quella stanza. Quel cartellone, un grido di pace, è la traccia più importante che hanno lasciato.
Durante questi giorni di seminario si è discusso del dovere dell'informazione, di testimoniare e promuovere le buone esperienze. Quella del Social Service Center di Via Tarela è una di quelle realtà che vanno approfondite e interrogate fino all'ultima goccia. Per questa ragione ci siamo premurati di chiedere ad Anastasia un contatto, per far sì che la nostra visita non finisca lo stesso giorno in cui è cominciata. Voltaire diceva che nè la tristezza assoluta nè la felicità infinita possono esistere, ma che la vita è una convivenza di entrambe. Parafrasandolo, allora, possiamo dire che il Mondo, così grande e sconfinato, se contiene il terrore e la disperazione deve per forza ospitare i loro contrari, la gioia e la speranza.