Festival Sabir, Palermo, 11-14 ottobre 2018
Non ti allarmare fratello mio, dimmi, non sono forse tuo fratello?
Perché non chiedi notizie di me?
È davvero così bello vivere da soli,
se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno?
Cerco vostre notizie e mi sento soffocare
non riesco a fare neanche chiamate perse,
chiedo aiuto,
la vita con i suoi problemi provvisori
mi pesa troppo.
Ti prego fratello, prova a comprendermi,
chiedo a te perché sei mio fratello,
ti prego aiutami,
perché non chiedi notizie di me, non sono forse tuo fratello?
Nessuno mi aiuta,
e neanche mi consola,
si può essere provati dalla difficoltà,
ma dimenticarsi del proprio fratello non fa onore,
il tempo vola con i suoi rimpianti,
io non ti odio,
ma è sempre meglio avere un fratello.
No, non dirmi che hai scelto la solitudine,
se esisti e perché ci sei con le tue false promesse,
mentre io ti cerco sempre,
saresti stato così crudele se fossimo stati figli dello stesso sangue?
Ora non ho nulla,
perché in questa vita nulla ho trovato,
se porto pazienza non significa che sono sazio
perché chiunque avrà la sua ricompensa,
io e te fratello ne usciremo vittoriosi affidandoci a Dio.
Le parole di Tesfalidet, giovane eritreo morto il giorno dopo il suo sbarco a Pozzallo, risuonano nelle aule dei Cantieri della Zisa, a Palermo. I suoi potenti versi sono stati vergati su un foglio recuperato dalle tasche di abiti che contenevano un corpo ormai scavato e sofferente. A lui è stata dedicata la quarta edizione di Sabir, Festival delle Culture Mediterranee tenutosi dall’undici al quattordici ottobre scorsi: un coro di realtà che credono ancora a una prospettiva di solidarietà in questo Paese. E tra queste c’era Caritas Italiana, presente con sessantuno delegazioni provenienti da altrettante diocesi da tutto il territorio nazionale e promotrice – insieme ad ARCI, ACLI e CGIL – dell’iniziativa.
«Non scandalizzatevi – ha dichiarato in apertura dei lavori Oliviero Forti, Responsabile dell’Ufficio Politiche Migratorie e Protezione Internazionale di Caritas Italiana – ma qui lanciamo un messaggio politico. Vogliamo affermare che c’è bisogno di politica, perché è la stessa Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica a ricordarci che essa è una delle più alte forme della carità. E perché è lo stesso Papa Francesco a dire che “il buon cattolico deve immischiarsi in politica” e che “i cattolici devono fare politica, non partiti politici”. E allora è giunto anche il momento di fare autocritica, di ammettere che forse è anche colpa nostra se ci troviamo nella situazione attuale, e che non possiamo più dire io non c’ero».
Difficile, forse impossibile, sintetizzare Sabir. Nato nel 2014 e organizzato per la prima volta a Lampedusa l’anno seguente all’orrore del naufragio dell’ottobre 2013 a largo delle coste dell’isola pelagica, il Festival si è sempre caratterizzato per la presenza di momenti formativi, incontri internazionali, laboratori e appuntamenti culturali di teatro, cinema, letteratura e musica, e per una forte partecipazione di rappresentanti, italiani e non solo, della società civile. Dopo le edizioni di Lampedusa, Pozzallo e Siracusa, la città di Palermo (Capitale italiana della cultura 2018) non ha fatto eccezione. Oltre sessanta, infatti, sono stati gli eventi di scena ai Cantieri della Zisa, splendido complesso adiacente l’omonimo castello. Quelli organizzati da Caritas italiana hanno riguardato in particolare il tema delle vie sicure e legali d’ingresso, come strumento per evitare il traffico di esseri umani, gestire in maniera sostenibile i flussi e favorire l’integrazione di lungo periodo. All’insegna del provocatorio messaggio “chiudiamo i porti, ma apriamo gli aeroporti”, nel workshop sono stati illustrati, in particolare, due esempi virtuosi: quello canadese e quello britannico. Jacqueline Kalisz, primo segretario del Dipartimento Migrazioni dell’Ambasciata Canadese in Italia, ha esposto il programma del paese nordamericano, basato sul modello della private sponsorshipe della blended sponsorship. Mentre Tim Finch, dell’associazione Citizens UK, ha presentato il modello inglese della Full Community Sponsorship. Caritas, da parte sua, ha illustrato i propri progetti, presenti e futuri, in merito ai corridoi umanitari, mentre esponenti dell’UNHCR hanno invece ricordato il loro impegno a favore di ricongiungimenti familiari, borse di studio ed evacuazioni per ragioni sanitarie.
Sempre a cura di Caritas, e rivolta esclusivamente ai propri operatori nell’ambito del Coordinamento Nazionale Immigrazione, si sono tenuti gli aggiornamenti sul recente decreto sicurezza varato dal governo, dove particolare preoccupazione, hanno riferito i relatori, desta l’abolizione della cosiddetta protezione umanitaria.
Ma a Sabir, più in generale, la formazione professionale ha riguardato anche l’ambito giuridico, quello giornalistico e quello degli operatori dell’accoglienza. Davvero impossibile da condensare, poi, il cartellone dei laboratori, delle mostre, dei concerti (ospite principale l’irresistibile stella del desert blues nigerino Goumar Al-moctar, in arte Bombino) delle performance teatrali (una delle quali a cura della Caritas di Ragusa sul tema dello sfruttamento lavorativo nelle serre del ragusano dal titolo “Pinocchio e il paese dei Farlocchi”) e delle proiezioni cinematografiche, tra le quali vale la pena sicuramente ricordare i documentari “Last Man in Aleppo”, candidato all’Oscar, e la sbalorditiva opera del trentaquattrenne regista Michele Cinque “Iuventa”, sull’epopea di un gruppo di ragazzi tedeschi che raccolgono donazioni e lasciano tutto per dedicarsi al salvataggio di uomini nel Mediterraneo sulla base delle leggi del diritto internazionale.
Forse la sola sintesi possibile è quella di un coro di voci che riaffermano il valore della conoscenza, dello studio, dell’arte. La bellezza della libera circolazione di persone, idee e diritti. L’importanza di restare umani, quand’anche lo si faccia, capziosamente, divenire reato.