Dal 22 al 25 di gennaio si è svolto a Roma un coordinamento straordinario sull’immigrazione che ha coinvolto le Caritas di tutta Italia.
di Antonio Di Giuseppe
In questi giorni si è fatta una sintesi in termini formativi delle novità legislative recenti in materia di immigrazione condividendo le varie esperienze diocesane che in territori diversi ne hanno visto l’impatto sul tessuto sociale.
I corridoi umanitari si prospettano come il futuro dell’accoglienza; gli arrivi con i barconi, in diminuzione, vengono sempre più affiancati da contatti diretti con grandi centri profughi in emergenza umanitaria. Il tutto sotto l’egida dell’Onu e dell’Unione Europea. I governi e le varie istituzioni che vi partecipano evidentemente pensano così di attuare un intervento più mirato selezionando i casi più bisognosi di aiuto direttamente nei campi profughi nelle zone più instabili come Libia, Eritrea, Somalia ecc.
Ciò che più preoccupa però è il clima in cui nasce la legge n. 132/2018, che converte in legge il cosiddetto “decreto sicurezza”. Cominciando con l’eliminazione della protezione umanitaria, vengono ridotti notevolmente i diritti delle persone accolte, cancellando gran parte delle attività sociali per l’integrazione degli stessi. Scompaiono le buone prassi realizzate in questi anni nei vari territori italiani dove esempi virtuosi di integrazione e convivenza civile vengono dimenticati.
Vengono definiti nuovi standard sempre in negativo e tagliati notevolmente i fondi per la stessa accoglienza al di sotto degli standard di qualsiasi altro servizio sociale.
Questi stessi standard appaiono ben lontani anche da quelli indicati per l’accoglienza dalle normative europee, tanto da ipotizzare future frizioni con l’Unione Europea.
Negli scorsi giorni “la giornata della memoria” ci ha ricordato il pericolo di politiche fondate sull’esclusione anziché sull’inclusione. Il voler trovare un nemico a tutti i costi anche se è appagante in termini di consenso elettorale ha storicamente sempre spostato l’attenzione dei popoli dai veri problemi, incanalandone e strumentalizzandone le paure. Ed è qui la trappola, il dimenticarsi di pochi anni fa, quando gli slogan «prima gli italiani»erano sostituiti da «prima il nord»e dove gli stranieri eravamo noi, meridionali, offesi nella storia e nella dignità.
Il contributo nell’accoglienza delle strutture ecclesiali nel 2018 è stato di 21.428 accolti in 188 diocesi (2.589 accolti nelle parrocchie, 4.658 negli Sprar, 13.479 nei Cas e 702 in strutture per minori stranieri non accompagnati). Un grande sforzo attuato assieme alle istituzioni, al mondo cattolico e del volontariato che ha dato il suo contributo per far fronte alle frequenti emergenze degli ultimi anni.
Si auspica una distensione nel dibattito pubblico in cui prevalga la centralità della persona umana in termini di fratellanza cristiana ed amore.